Diritto

È ammesso lo scioglimento della comunione ereditaria avente ad oggetto un immobile abusivo?

È ammesso lo scioglimento della comunione ereditaria avente ad oggetto un immobile abusivo?

La risposta a tale quesito dalla natura giuridica da attribuire all’atto di scioglimento della comunione ereditaria: se atto inter vivos (tra vivi) oppure mortis causa (a causa di morte) in quanto l’art. 46 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 è riferito esclusivamente ai negozi stipulati tra persone viventi.

In quante forme può avvenire lo scioglimento della comunione ereditaria?

La divisione ereditaria può cessare attraverso tre forme:

  1. giudiziaria
  2. convenzionale
  3. per stessa volontà del testatore

Quale la natura giuridica dell’atto di divisione?

Diverse le tesi che si contendono il campo:

  1. l’atto di scioglimento della divisione ereditaria non ha efficacia traslativa. L’attribuzione della porzione del bene non trova fondamento nel contratto. l’efficacia è solo dichiarativa. È mero negozio di accertamento volto a verificare quali sono le porzioni materiali del bene che vanno a formare le singole quote. Fin dall’inizio la porzione risulta di proprietà del soggetto. L’art. 757 c.c. si riferisce esclusivamente all’effetto del contratto di divisione per cui ogni coerede è proprietario della porzione fin dall’apertura della successione.
  2. Il contratto di divisione è traslativo. L’attribuzione della singola porzione di bene avviene con la divisione. L’art. 757 c.c. opera una fictio iuris prevedendo un meccanismo retroattivo basato su una mera finzione giuridica e produce effetti ex tunc. In tal caso l’atto necessariamente deve essere inter vivos con conseguente applicabilità dell’art. 46 del D.P.R. del 2001.

L’atto di divisione ereditaria è inter vivos o mortis causa?

Anche in questo caso due le tesi che dibattono:

  1. è atto mortis causa. La divisione ereditaria pur attuandosi dopo la morte del de cuius è evento terminale della vicenda successoria, dunque, da questa autonoma con retroattività del contratto al momento dell’apertura della successione. Non deve sottostare alle nullità previste dall’art. 46 D.P.R n. 380 del 2001 in quanto ne manca il fondamento logico- giuridico che è protettivo. L’art. 46, infatti, vuole rendere edotto l’acquirente della situazione urbanistica dell’immobile, ma essendo atto a causa di morte non c’è affidamento da tutelare. Ogni condividente è già proprietario del bene, quindi, conosce la reale situazione dell’immobile.
  2. è atto inter vivos cui si applica l’art. 46. Diversamente opinando si crea un’insanabile differenza rispetto allo scioglimento della divisione ordinaria laddove i due fenomeni sono unitari. Tra gli atti mortis causa, inoltre, sono annoverabili il testamento, i patti successori, la divisione disposta dal testatore, tutti con disposizione delle proprie sostanza per il tempo in cui si è cessato di vivere. Lo scioglimento è successivo all’accettazione primo atto inter vivos della vicenda successoria.

In caso di immobile abusivo si ha nullità dell’atto di scioglimento?

Sì in quanto atto inter vivos cui si applica l’art. 46 del D.P.R. 2001.

Tale soluzione potrebbe, inizialmente, portare un’apparente aporia in quanto se la divisione è fatta dal testatore l’atto è considerato mortis causa quindi il de cuius non deve menzionare gli estremi edilizi nel testamento non applicandosi l’art. 46; in ipotesi di contratto divisorio occorrono le menzioni a pena di nullità.

Ciò si spiega in quanto se è stato il testatore a effettuare la divisione non ci sono alternative, bisogna rispettare le sue ultime volontà non più ritrattabili.

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